Tra gli italiani in sala da non perdere il film di Gianfranco Rosi, Fuocoammare, vincitore dell'Orso d'oro al Festival di Berlino.
Direi che è un film necessario.
Senza commenti in over voice né didascaliche spiegazioni, mostra il tempo che scorre tra i pini e gli scogli di Lampedusa, la vita quotidiana di un ragazzino, di cui il regista sfrutta benissimo la spontaneità, quella dei pescatori attraverso le canzoni a loro dedicate alla radio locale, i poveri interni dei lampedusani e intanto le voci disperate dai barconi registrate dalla radiomobile della guardia costiera.
Un medico del locale pronto soccorso racconta del dovere di aiutare quella gente, del dolore nel vedere i bimbi morti, dolore cui non ci si abitua.
Anche quando Rosi segue i soccorsi in mare, lo fa stando lì senza tante parole. Con immagini dure, partecipi, asciutte.
È la nostra tragedia attuale, come per la generazione dei miei genitori la guerra. La viviamo un po' da lontano, almeno per ora, poi ci rimbalza in casa con le schegge dei terrorismi, con i problemi dell'integrazione, con i razzismi e un odore di anni trenta europei che sale e spaventa.
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