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domenica 17 agosto 2014

Estate. Il Viaggiatore. Una poesia di Giuseppe Conte



Non c'è bisogno di essere dei nefologi, ovvero dei meteorologi specializzati nello studio delle nubi, per fermarsi ad osservarle un po' rapiti, specie durante i bei crepuscoli estivi. 
Come recitavano le due voci femminili, all'inizio del penultimo disco di  Fabrizio De André  "Le nuvole" (Fonit Cetra, Ricordi,1990), di solito quelli che le osservano con più fantasia sono i bambini, che vi trovano forme di animali o oggetti.  Ecco il brano che apre l'album.

I bambini o i poeti.
Come Giuseppe Conte che le descrive con grande maestria e con echi mitici in questa poesia contenuta nella sezione "Le stagioni di Ermes", nella raccolta "Le stagioni", un libro edito dalla Bur nel 1988. 



Estate

Il Viaggiatore

Il viaggiatore conosce bene i labili
rapporti che ogni terra ha con le nubi.
Non sa che cosa li determini:
se sia il vento, la direzione
che hanno fiumi e montagne
la presenza di altopiani, di colline
il sole più sfolgorante o più
appannato, la distanza dai 
mari.
Tra Albuquerque e Santa Fe certe mattine
il cielo cala quasi in modo che
le nubi corrano tra cespugli e spine.
Hanno la casa su vulcani
spenti, tra rocce
che fanno gobbe, ali, artigli
tra dune di terriccio che
fiori stenti e ruvidi
intaccano, su pianori
verdi e vasti, sorretti
da tronchi coni di pietra lassù.
Le nuvole ci volano o ci stanno
inginocchiate.
Vegliano sui tre Pueblo di 
S. Domingo, Cochiti, S. Felipe,
deserto indiano d'estate.

Più a nord, verso il Colorado
sono ancora più rapide, più oblique, e più
in movimento.
Sul massiccio del Sangre de Cristo
lasciano impronte
di un nero che rasenta
quello delle criniere.
E sulla strada che da Taos porta
a San Cristobal
fanno scorrere, svanire,
sovrapporre, saltare
macchie così scure e in un momento
mutate e tante che sembrano
una mandria di ombre
impazzite a pascolare
lì intorno.

Ogni terra ha rapporti con le nubi.
E il Viaggiatore conosce bene i labili
rapporti che ha ogni anima con il vento.

Giuseppe Conte (Porto San Maurizio 1945) è anche narratore, il suo ultimo romanzo è  "Il male veniva dal mare", Longanesi 2013. Per saperne di più su Conte si veda il suo sito ufficiale: http://www.giuseppeconte.eu/

giovedì 10 luglio 2014

Verano e Solstizio. Una poesia di Vittorio Sereni



L'estate non è solo paesaggi marini o montani, non è solo svago o viaggio. 
L'estate può anche avere la fissità della morte o essere l'immagine di una città un po' funebre, come può apparire a volte Roma. 
In questa poesia Verano e il solstizio, tratta dalla raccolta Stella variabile (1979, poi nell'edizione definitiva 1982) il poeta Vittorio Sereni ( Luino 1913- Milano 1983) descrive una giornata romana, troppo lunga, di solstizio, e inventa una etimologia del nome Verano (il cimitero principale della capitale, nel quartiere di San Lorenzo) come lui stesso specifica in una nota: "l'associazione Verano, cimitero di Roma, con el verano, estate in lingua spagnola, è del tutto arbitraria; un po' meno il riscontro del nome latino della primavera (ver) nella radice del nome spagnolo dell'estate".


Verano e Solstizio

Perché, tu che sai tutto di Roma,
lo chiamate così quel vostro cimitero
con quel nome spagnolo che significa estate?
(così - non lo dissi - per durare
porta la sua radice nell'estate
la primavera, morendovi).

L'estate di Roma ci stava davanti
con la più svaporante
la sua più mortale calcinazione.

Ne prendo nota - sorrise - te lo dico la prossima volta.

Risponde stasera per lui l'invisibile
cicala solista dell'ultima ora di luce
l'abitatrice delle foglie incendiate
di un troppo lungo giorno:
questo è el verano e il Verano,
s'infervora l'infaticabile,
questa l'estate di Roma di Spagna di dovunque
questa la primavera nell'estate,
rincara l'univoca la vermiglia voce abbuiandosi
in tutte le Rome di ritorno
di alcune estate prima.



Sul sito Rai potete ascoltare e vedere Sereni parlare di sé e del suo lavoro:
http://www.letteratura.rai.it/articoli/vittorio-sereni-si-racconta/984/default.aspx



Le sue poesie e le sue prose sono edite da Mondadori. Ora disponibili in due edizioni: Poesie e prose, 2013, curate da Giulia Raboni, (anche in versione e-book) e nei Meridiani , Tutte le poesie, 1994, curate da Dante Isella. 

                                                           

Per farsi un'idea più completa di Sereni si leggano altre poesie e l'esauriente introduzione di Mengaldo all'edizione mondadoriana del 2013, disponibile anche su googlebooks.
Tra le riflessioni critiche reperibili on line vi segnalo quelle di giovani studiosi sulla rivista Nuovi Argomenti:

sabato 21 giugno 2014

Estiva. Una poesia di Vincenzo Cardarelli





Eccola l'attesa estate!
 Oggi solstizio, il giorno più luminoso dell'anno: il sole sorge alle 5:36 e tramonta alle 20:51.
Dopo quella di Giusi Quarenghi, cito una poesia di Vincenzo Cardarelli (1887-1959). Sono versi liberi che hanno quasi cento anni ma che mi pare possano ancora mostrarci le emozioni che ci dona la stagione estiva. 
Cardarelli di poesie non ne scrisse moltissime, pensate che la sua raccolta definitiva  Poesie (1958) ne conteneva solo 79. 
Io questi versi li ho conosciuti grazie ad un amico che li recitò, come tra sé e sé, in una sera d'estate, sulle colline pesaresi che dominano l'Adriatico.


Estiva

Distesa estate,
stagione dei densi climi
dei grandi mattini
dell’albe senza rumore -
ci si risveglia come in un acquario -
dei giorni identici, astrali,
stagione la meno dolente
d’oscuramenti e di crisi,
felicità degli spazi,
nessuna promessa terrena
può dare pace al mio cuore
quanto la certezza di sole
che dal tuo cielo trabocca,
stagione estrema, che cadi
prostrata in riposi enormi,
dai oro ai più vasti sogni,
stagione che porti la luce
a distendere il tempo
di là dai confini del giorno,
e sembri mettere a volte
nell’ordine che procede
qualche cadenza dell’indugio eterno.

[Poesia edita nel 1915, entra in Prologhi (1916); ora nelle edizioni San Marco dei Giustiniani o raccolti in Opere, nei Meridiani Mondadori]