giovedì 28 agosto 2014

"La poesia non è di chi scrive, è di chi gli serve". Neruda e Troisi.

"La poesia non è di chi la scrive. è di chi gli serve" diceva Il Postino Massimo Troisi a Pablo Neruda  interpretato da Noiret, che gli rimproverava un plagio delle sue poesie. 
Vedi la scena del film di Radford (1994), che fu l'ultimo prima della prematura morte di Troisi, che infatti vi appare scarnificato e stanco.



I primi versi del sonetto che postiamo qui sotto sono serviti anche ad alcuni parrucchieri che li citano nei loro siti commerciali, a dimostrazione di come la poesia possa essere pop.
Il sonetto è tratto dai Cien Sonetos de amorCento sonetti d'amore di Pablo Neruda (traduzione in italiano di Giuseppe Bellini), Nuova Accademia, 1960, ora reperibili dall'editore Passigli, in una edizione  del 2010.

    

Me falta tiempo para celebrar tus cabellos.
Uno por uno debo contarlos y alabarlos:
otros amantes quieren vivir con ciertos ojos,
yo sólo quiero ser tu peluquero.
En Italia te bautizaron Medusa
por la encrespada y alta luz de tu cabellera.
Yo te llamo chascona mía y enmarañada:
mi corazón conoce las puertas de tu pelo.
Cuando tú te extravíes en tus propios cabellos,
no me olvides, acuérdate que te amo,
no me dejes perdido ir sin tu cabellera
por el mundo sombrío de todos los caminos
que sólo tiene sombra, transitorios dolores,
hasta que el sol sube a la torre de tu pelo.



Mi manca il tempo per celebrare i tuoi capelli.
Uno a uno devo contarli e lodarli:
altri amanti voglion vivere con certi occhi,
io voglio essere solo il tuo parrucchiere.

In Italia ti battezzarono Medusa
per l'arricciata tua capigliatura.
Io ti chiamo scarmigliata e intricata mia:
il mio cuore conosce le porte della tua chioma.

Quando ti smarrirai nei tuoi stessi capelli,
non dimenticarmi, ricordati che t'amo,
non lasciarmi andar perduto senza la tua capigliatura

per il mondo cupo di tutte le strade
che solo ha ombra, dolori passeggeri,
finché sale il sole sulla torre della tua chioma.


Nella dedica a Matilde Urruita, Pablo Neruda (vedi la sua biografia nel sito Treccani) nel 1959 scriveva: "Io, con molta umiltà feci questi sonetti di legno, gli diedi il suono di questa opaca e pura sostanza e così devono giungere alle tue orecchie".




Effettivamente i versi di questa centuria di sonetti sono molto materici, pieni di riferimenti agli elementi della terra e del mare, "salmastri" per usare un'espressione dello scrittore Antonio Ferrara.
Su youtube c'è un interessante intervista televisiva a Neruda condotta dallo scrittore colombiano Gabriel Garcia Marquez. E' in spagnolo ma inserendo i sottotitoli non risulta troppo difficile ascoltarla.




Per chi volesse saperne di più di Pablo Neruda consiglio la sua autobiografia, Confesso che ho vissuto, edita da Einaudi e da Mondadori o il volume Guanda, Per nascere son nato.

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